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SWEET HOME | La recensione della serie Netflix

Mentre passiamo le vacanze di Natale rinchiusi in casa, Netflix ha aggiunto al suo catalogo una nuova serie coreana che riflette l’anno orribile che il mondo ha vissuto. Ambientato al chiuso di un palazzo in cui vivono persone che per sopravvivere devono affrontare degli orrendi mostri, Sweet Home è l’adattamento in 10 episodi del popolare webtoon (fumetto online) del 2017.

Hyun-su (Song Kang), uno studente che si trasferisce in una casa popolare dopo la morte della sua famiglia, è un tipo solitario che ha tentato più volte il suicidio. Passa le sue giornate nel suo piccolo appartamento a giocare ai videogiochi, ma il suo atteggiamento cambia radicalmente quando si accorge che fuori dalla sua porta accadono cose molto strane.

Il sangue dal naso è uno dei sintomi di una nuova malattia che sta devastando il mondo, che sta trasformando gli esseri umani in creature mostruose. I residenti del condominio, tra cui il pompiere Yi-kyung (Lee Si-young), il misterioso Sang-wook (Lee Jin-uk), la bassista Ji-su (Park Gyu-young), il freddo studente di medicina Eun-hyuk (Lee Do-hyun) e sua sorella, la ballerina Eun-yu (Go Min-si), sono tutti costretti a fare squadra ed affrontare questa realtà infernale.

I personaggi principali sono ben caratterizzati con alle spalle una storia credibile nonostante sia appena accennata. Il gioco di squadra tra gli inquilini è fondamentale ed ognuno di loro ha un ruolo ben definito, nel bene e nel male. Quello che sorprende è che la serie riesce in poco tempo a creare dei veri legami di amicizia, amore, solidarietà e rispetto, ma anche sentimenti negativi come invidia, egoismo, paura e codardia. I rapporti umani e le emozioni dei soggetti coinvolti influenzano le scelte del singolo e del collettivo cambiando il loro modo di pensare e di agire.

Un altro elemento che funziona bene all’interno dello show e che avrebbe meritato ancora più spazio è la presenza dei mostri. Il loro aspetto deforme è davvero terrificante anche se si notano delle imperfezioni dovute ad una computer grafica non sempre all’altezza. Per mantenere il budget sotto controllo molti effetti sono pratici, realizzati in modo artigianale: il sangue dal naso, gli arti mozzati, i primi piani delle creature. Questa scelta è stata lungimirante e ha permesso di vedere sullo schermo più esseri deformi dalle caratteristiche uniche: il goblin senza faccia, il bulbo oculare o il gigante Nemesis/Hulk, solo per citarne alcuni.

La serie soffre della mancanza di una storia principale originale e convincente che non si limiti a far sopravvivere i personaggi. Ma è evidente che gli sceneggiatori si sono concentrati nel raccontare i rapporti umani e puntare forte sulle scene violente e d’azione. In un simile prodotto è comprensibile che la sceneggiatura passi in secondo piano e non è assolutamente una colpa aver subito l’influenza di serie più blasonate come The Walking Dead, specie nella seconda parte quando il concetto stesso di pericolo prende una strada molto simile all’universo zombie creato dal fumettista Robert Kirkman.

Gli ambienti chiusi, sporchi e angusti dell’edificio e le atmosfere da fine del mondo sono lo scenario perfetto che ci si aspetta di vedere in un simile show. Purtroppo quando l’azione si sposta all’esterno c’è un pressappochismo tangibile che cozza con quanto di buono visto prima e fa pensare che forse non è il mondo che sta finendo ma solo il condominio.

Critiche a parte, è una serie che intrattiene e lo fa con le armi della violenza e del sangue mettendo in bella mostra le sue creature, perché alla fine, di mostri stiamo parlando.

Autore dell'articolo: moviedigger