Di Manuela Saraceno
Roman Polanski, il regista Premio Oscar (miglior regia per Il pianista) dalla carriera e dalla vita altalenante torna al cinema con un nuovo film “Quello che non so di lei”.
Presentato fuori concorso al Festival di Cannes 2017 (dove è stato accolto con poco entusiasmo) e nelle sale italiane dal 1 marzo 2018, la nuova fatica del cineasta franco-polacco inizia come una commedia dark per poi trasformarsi in un vero e proprio thriller psicologico.
Il film, tratto dal best seller “Una storia vera” di Delphine de Vigan, al quale pare sia incredibilmente fedele, ricorda vagamente il più recente “Misery non deve morire” (del 1990 diretto da Rob Reiner, che valse l’Oscar a Kathy Bates nella categoria “Miglior attrice protagonista”) e il più datato, ma sempre bellissimo, “Eva contro Eva” (del 1950 diretto da Joseph L. Mankiewicz che ebbe 14 nomination agli Oscar (record) del 1951 e vinse ben 6 premi tra cui “Miglior film”).
La pellicola racconta la storia di due donne: Delphine (Emmanuelle Seigner), una scrittrice che dopo il gran successo raggiunto dal suo ultimo libro, il più “intimo”, si trova alla prese con il blocco creativo e con il classico timore di non essere all’altezza di consegnare ai lettori un nuovo romanzo parimenti interessante; e Leila (Eva Green), una ghostwriter di personaggi famosi, l’antagonista o forse l’alter ego di Delphine, che si cela dietro l’abbreviazione di “Lei”.
L’amicizia inattesa che inizialmente lega le due protagoniste ben presto si trasformerà in un rapporto morboso e ambiguo palesando così il vero fulcro del film: la manipolazione e la lotta per il dominio.
Per la prima volta Polanski affronta la contrapposizione tra due figure femminili dando vita ad un film intrigante, in cui la suspense la fa da padrone e dove lo spettatore non riuscirà ad avere contezza della linea sottile che separa la realtà dalla finzione neppure sul finale tanto che continuerà a domandarsi per giorni e giorni:
Chi manipola chi? Chi è in realtà “Lei”?