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OPPENHEIMER | Recensione del film di Christopher Nolan

Il dodicesimo film di Christopher Nolan, per tanti versi può rivelarsi come un punto di svolta della carriera del regista britannico. Il buono ma non eccezionale incasso di Tenet e soprattutto la strategia adottata da Warner Bros. per il rilascio della pellicola sulla piattaforma di streaming, era stato motivo di tensione con la casa di produzione cinematografica. La conseguente separazione con la major, aveva aperto nuovi scenari in merito alla produzione del successivo progetto in cantiere. Lo script del suo nuovo lungometraggio, infatti se lo aggiudicò Universal Pictures, soddisfacendo tutte le richieste avanzate dal regista, economiche ma soprattutto creative. Queste ideali condizioni lavorative gli hanno permesso di lavorare con la massima libertà su quella che possiamo considerare come la sua opera più importante.

La pellicola si basa sul libro biografico “American Prometheus” di Kai Bird e Martin J. Sherwin, che si concentra sulla figura di Robert Oppenheimer in uno dei capitoli più delicati della storia dell’umanità.
Oppenheimer è stato una delle personalità più importanti nel nostro secolo ma nel contempo paradossalmente non così conosciuta. Considerato nell’ambito accademico uno dei più eminenti esperti di fisica nucleare, diresse la missione scientifica che portò allo sviluppo della bomba atomica: il progetto Manhattan. A guida di una comunità di fisici di altissimo livello, riuscì a creare l’arma definitiva che portò alla resa del Giappone con la conseguente fine della Seconda Guerra Mondiale.
Resosi conto della pericolosità dell’invenzione e delle possibili implicazioni future negli anni seguenti, il moderno Prometeo divenne uno dei più convinti sostenitori della necessità di istituire regole internazionali per tenere sotto controllo la proliferazione delle armi nucleari. Una figura geniale ma controversa che ha avuto l’onere di prendere una delle decisioni più importanti della storia moderna e di portarne il peso per il resto dei suoi giorni.

Nonostante apparentemente sembri lontano dalle opere precedenti del regista, Oppenheimer è in tutto e per tutto un film di Nolan. Abbandonando le scene d’azione e gli effetti visivi in CGI riesce a concentrarsi al 100% sulla narrazione riprendendo dai suo precedenti lavori la struttura, le tematiche, le dinamiche cromatiche, il montaggio e il comparto sonoro. Il cast vede un sublime Cillian Murphy (da Oscar) nei panni del protagonista affiancato da un’altrettanto in parte Robert Downey Jr. (Lewis Strauss) e un intramontabile Matt Damon (Leslie Groves). Convincenti anche Emily Blunt e Florence Pugh nei ruoli di moglie e amante del fisico, e quest’ultima protagonista della prima scena di sesso in un film del regista britannico. Visivamente spettacolare, impeccabile dalla scenografia ai costumi, in particolar modo spicca la fotografia curata ancora una volta da Hoyte Van Hoytema.

La maestosa colonna sonora composta da Ludwig Göransson e gli effetti sonori dirompenti amalgamati alle straordinarie immagini, trovano la massima espressione nella messa in scena del test nucleare “Trinity”, da gustarsi nel miglior formato possibile (sala IMAX a 70mm purtroppo non presente in Italia). Le tre ore piene di durata scandite da continui dialoghi non lo rendono un film semplice da vedere.
Nolan è stato comunque capace di rendere le interazioni tra i personaggi così coinvolgenti ed emozionanti che, al termine della pellicola, si ha la sensazione di aver visto un film d’azione. Probabilmente un uso più massiccio delle solo accennate lucide visioni di Oppenheimer, ai limiti dell’horror, avrebbe aiutato lo scorrimento dell’ultimo atto.

Il finale potente e fortemente impattante sublima il conflitto interiore del protagonista lasciando allo spettatore riflessioni che sono purtroppo tristemente attuali. Opera maestosa da vedere il prima possibile nella migliore sala possibile.

(Oppenheimer di Christopher Nolan. 2023, biografico, 180′)

Autore dell'articolo: moviedigger