Omicidio nel West End è un giallo nel giallo. E basterebbero queste parole per descrivere il film dell’esordiente Tom George. Ma la questione risulta un tantino più articolata. Il film racconta di un omicidio avvenuto durante la messa in scena dello spettacolo teatrale Trappola per topi di Agatha Christie. Questo non solo dà al film di Tom George un tocco di originalità senza precedenti – è allo stesso tempo un dramma teatrale, un noir poliziesco, una simpatica commedia – ma mette in mostra tutti gli espedienti e gli elementi tipici del genere. In Omicidio nel West End non funziona proprio tutto, ma il film è genuino, divertente e spesso affascinante, impreziosito dalle interpretazioni di Sam Rockwell e soprattutto di Saoirse Ronan.
La sceneggiatura di Mark Chappell adatta benissimo la storia originale aggiungendo delle preziose chicce tratte dalla tradizione cinematografica e teatrale britannica. Tra queste c’è il fatto poco noto che la Christie (qui presente in carne ossa con le fattezze di Shirley Henderson) inserì nel contratto di Trappola per topi una clausola che stabiliva che non si sarebbe potuta realizzare una versione cinematografica prima di sei mesi dalla fine della rappresentazione teatrale (lo spettacolo è ancora oggi in cartellone). Questo dettaglio è il motore scatenante dell’intera vicenda. Infatti fornisce un valido motivo ai personaggi coinvolti nella storia – sia quelli legati al teatro che quelli al film – per sabotare lo spettacolo con l’omicidio dell’antipatico regista Leo Köpernick (Adrien Brody, che è anche la voce narrante) nel backstage dell’Ambassadors.
Chi sono i sospettati? Dalla parte teatrale ci sono l’impresario Petula “Choo” Spencer (Ruth Wilson), gli attori Richard Attenborough (uno strepitoso Harris Dickinson, che riesce a dare voce al giovane Dickie) e Sheila Sim (Pearl Chanda). In quella cinematografica si annoverano il magnate John Woolf (Reece Shearsmith, che interpreta l’effettivo produttore di The African Queen), sua moglie Edana Romney (Sian Clifford) e il celebre e “sopravvalutato” sceneggiatore Mervyn Cocker-Norris (David Oyelowo).
È un peccato che George non abbia sfruttato di più un simile cast. Di solito in un film giallo il detective riunisce tutti i sospettati in un luogo per poi procedere ad interrogarli e a svelare l’assassino. Qui invece i poliziotti vanno avanti e indietro per Londra interrogandoli uno ad uno. Questo modo di procedere crea confusione e spezza di continuo il ritmo della narrazione. Purtroppo questo caos si ripercuote nel film che perde quell’alone di mistero, vitale per qualsiasi giallo. Alla fine la rivelazione dell’assassino passa in secondo piano e non è minimamente soddisfacente.
Ma Omicidio nel West End funziona bene quando si affida ai giochi di parole vecchia scuola e alle facili battute (“Da quale parte della Francia vieni?” “Belgio”) strappando delle risate genuine. Il regista Tom George si è ispirato ai grandi maestri del cinema moderno come Wes Anderson per la parte visiva (The Grand Budapest Hotel) e accenni di Edgar Wright per il tono. George riesce a far rivivere le diverse atmosfere della Londra degli anni ’50 ma fa un uso eccessivo dei flashback.
Il punto forte del film è il rapporto tra i due poliziotti che indagano sull’omicidio, il cinico Stoppard (Sam Rockwell) e la novellina Stalker (Saoirse Ronan). Rockwell, che conferisce al detective un’aria da burbero ubriacone, non sembra totalmente a proprio agio, mentre la Ronan mette in luce un lato “comico” sorprendente. Grazie a lei il film diverte e non annoia mai. L’attrice è perfetta nei panni di un agente alle prime armi troppo impaziente, che segue le regole, che si lascia affascinare dai sospettati e prende nota di tutto quello che succede. I due danno vita ad un paio di siparietti davvero molto divertenti e formano una coppia irresistibile che ci piacerebbe rivedere in qualche altro caso di omicidio.