Ispirato agli scritti di Padre Gabriele Amorth, L’esorcista del Papa di Julius Avery (Overlord) parte come il racconto avvincente di un’affascinante figura realmente esistita per trasformarsi nel finale nel classico film dell’orrore sulle possessioni demoniache tanto caro a Hollywood. I fan del genere potrebbero anche apprezzare la deriva, tuttavia, gli spettatori interessati alla vera storia di Padre Amorth rimarranno delusi. Il capo esorcista del Vaticano sosteneva di aver eseguito migliaia di esorcismi durante i suoi 30 anni di carriera e avrebbe meritato maggiore approfondimento.
L’esorcista del Papa, criticato apertamente dai vertici cattolici, non si propone come una guida sulle pratiche esorcistiche della Chiesa o uno studio teologico sul cristianesimo. L’obiettivo del film è piuttosto rappresentare in modo fantasioso e leggero uno dei casi di esorcismo più difficili di padre Amorth. A dargli corpo e intensità è un divertente e divertito Russell Crowe.
Le prime scene de L’esorcista del Papa mostrano alcuni spunti interessanti sul passato di Amorth. Il film si apre con un esorcismo nell’Italia rurale del 1986. Davanti a un tribunale vaticano, Amorth rivela che, in realtà, non si trattava di possessione ma di psicosi. In effetti, rivela il Padre, il 98% delle possessioni su cui viene inviato a indagare sono in realtà problemi di salute mentale. Questo filo conduttore della storia è ben sceneggiato attraverso flashback che ruotano attorno al più grande rimpianto di Amorth: non aver aiutato una giovane donna che fingeva una possessione e che si è suicidata.
Il film si concentra sul 2% di possessioni “reali”. Al centro di tutto c’è un caso che coinvolge un bambino di nome Henry (Peter DeSouza-Feighoney) dopo essersi trasferito con la madre (Alex Essoe) e la sorella (Laurel Marsden) in una abbazia in Spagna. Un’abbazia che custodisce un terribile segreto che la Chiesa ha tentato di nascondere da secoli.
Come quasi tutti i film usciti sulla scia de L’esorcista, le scene di possessione de L’esorcista del papa seguono uno schema già visto. C’è un bambino legato al letto e pesantemente truccato, corpi e oggetti che fluttuano in aria e lanciati con forza per la stanza, un demone dalla lingua lunga neanche troppo volgare. Tutto intorno a lui, uomini di Dio che reggono croci e recitano preghiere.
Purtroppo per L’esorcista del Papa qualsiasi paragone con il cult del 1973 sarebbe indecoroso. A distanza di decenni, L’esorcista rimane uno dei film più spaventosi mai realizzati. L’intuizione fondamentale di William Friedkin consisteva nel terrorizzare il pubblico non attraverso la manifestazione fisica del demone, ma con l’idea di un male così grande e sconosciuto. Invece qui la paura che si prova è superficiale e svanisce quando non è in scena il demonio.
E allora come distinguersi da tutti gli altri film? Ingaggiando un Russell Crowe in gran forma. La sua interpretazione è degna di nota e salva per il rotto della cuffia il film. È evidente che l’attore premio Oscar si è divertito molto a vestire i panni di un uomo di chiesa alquanto eccentrico. Guardarlo andare in giro per le strade di Roma in sella a una Vespa, combattendo il male con acqua santa e umorismo, è un piacere per la mente e gli occhi.
Il film scorre velocemente senza grosse interruzioni, ma si sente la mancanza di scene memorabili. L’esorcista del Papa non brilla per originalità, ma segue il canovaccio tipico del genere prendendosi qualche libertà solo nella riscrittura di uno dei momenti più bui della storia della Chiesa di Roma. Ed è un tentativo lodevole che poteva essere sviluppato meglio, che invece fa gioco a una narrazione banale e dall’esito scontato. Almeno il ritmo è serrato ed è ben gestito con qualche pausa che spezza la tensione crescente.
Sebbene il finale sembri suggerire un sequel, con altri demoni da cacciare, un eventuale seguito finirebbe ancora di più per essere una parodia o un omaggio de L’esorcista. E con questo primo L’esorcista del Papa non è ancora chiaro quali fossero le intenzioni.