Indiana Jones e il Quadrante del Destino

INDIANA JONES E IL QUADRANTE DEL DESTINO | Recensione del film di James Mangold con Harrison Ford

Indiana Jones e il quadrante del destino è un bellissimo omaggio di James Mangold al personaggio creato 34 anni fa da George Lucas e Steven Spielberg. Vi ricordate il deludente Il regno del teschio di cristallo? Con “Il quadrante del destino”, il regista è tornato alle origini del franchise con tanti riferimenti nostalgici alla vecchia trilogia.

Indy/Harrison Ford è sempre lo stesso, magari fisicamente è un po’ invecchiato e con qualche acciacco, ma lo spirito d’avventura è rimasto intatto. Di tutti i personaggi iconici che Ford ha rispolverato negli ultimi anni, il professore di archeologia è certamente quello che si diverte di più a interpretare. E si vede, anche se sono passati troppi anni da quello sciagurato quarto capitolo.

In Indiana Jones e il quadrante del destino sono presenti tutti gli elementi iconici della saga. La musica di John Williams, trabocchetti, i costumi, passando per gli inseguimenti e le sparatorie con i cattivi di sempre: i nazisti. A tal proposito, Mads Mikkelsen si cala perfettamente nei panni del cattivissimo scienziato Jürgen Voller. Un uomo che non ha mai accettato la sconfitta tedesca: “Non avete vinto la guerra. Hitler ha perso”. Il film è molto divertente e il tono è decisamente scanzonato, ma c’è anche spazio per un po’ di tristezza e di rimpianto. D’altronde è il capitolo conclusivo di un personaggio fuori dal tempo che dopo tante avventure in giro per il mondo non ha più uno scopo.

Il merito di questa nota malinconica è da attribuire alla sapienza registica di James Mangold. Già con Logan aveva dimostrato di essere un regista che sa come dire addio a un’icona del cinema. Il cineasta si muove con grande disinvoltura nelle scene d’azione (alcune memorabili), mantenendo un ritmo frenetico e non concede un attimo di respiro neanche all’ottantenne che si cela sotto il cappello, sempre presente in tutte le inquadrature (e ci mancherebbe!).

Prima dei saluti finali, però, torniamo a vedere un Indy ringiovanito digitalmente (tranquilli non ci farete neanche caso). Indiana Jones e il quadrante del destino inizia, come fanno tutti i film di Indiana Jones, con l’archeologo in grave pericolo. Nel 1944, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Indiana è stato preso prigioniero dai nazisti. È aiutato dal collega accademico Basil Shaw (Toby Jones nel ruolo dello scienziato imbranato che omaggia Denholm Elliott) nel tentativo di recuperare la Lancia di Longino, la lama che trafisse Gesù. Ma un altro manufatto attira la loro attenzione: l’Antikythera, a cui i nazisti sono particolarmente interessati per i suoi poteri soprannaturali.

L’incipit è in puro stile Indiana Jones, il che rende il salto temporale al 1969 ancora più d’impatto. Il dottor Jones è prossimo alla pensione. Vive da solo in un piccolo appartamento di New York, città in festa per la parata in onore degli astronauti dell’allunaggio. Lo vediamo tenere per l’ultima volta una lezione all’università a un’aula annoiata, in netto contrasto con lo stuolo di studentesse innamorate viste ne I predatori dell’arca perduta.

Per fortuna, a togliere questo velo di tristezza, ci pensa la figlia di Basil Helena, interpretata da Phoebe Waller-Bridge, che lo costringerà a compiere un’ultima missione. Il loro obiettivo è ancora una volta l’altra metà dell’Antikythera. Waller-Bridge è superba nel mettere in scena un personaggio così carismatico. Se Ford è l’eroe scontroso e irascibile, lei è cinica, arguta e tagliente, come lo era Marion (Karen Allen) nel primo capitolo. Il rapporto tra loro due è il punto forte della pellicola, adorerete i loro continui battibecchi.

Purtroppo ci sono anche degli aspetti negativi che incidono sul giudizio finale, primo fra tutti la durata eccessiva della pellicola. Ci saremmo evitati un paio di sbadigli se Indiana Jones e il quadrante del destino fosse durato 30 minuti in meno, e invece alcune scene d’azione ci sono sembrate ripetitive e troppo lunghe. Non possiamo parlare della parte finale perché non vogliamo rovinarvi la sorpresa, ma a noi è sembrata decisamente superflua.

Invece la conclusione è davvero commovente e chiude (forse) nel modo migliore la storia dell’archeologo più famoso del cinema. Sarà dura dire addio a questo personaggio che ha trovato il proprio angolino nella storia e nei nostri cuori.

(Indiana Jones e il quadrante del destino di James Mangold. 2023, avventura, 154′)

Autore dell'articolo: moviedigger