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IL REGNO DEL PIANETA DELLE SCIMMIE | Recensione del film di Wes Ball

Il Pianeta delle Scimmie può essere annoverato tra i franchise fondamentali della storia del cinema. Il primo adattamento cinematografico del romanzo “La Planète des Singes” risale al 1968. Tra il 1970 e il 1973 sono stati prodotti i quattro sequel che compongono la saga originale.
Dopo il dimenticabile tentativo di Tim Burton nel 2001, nel 2011 è iniziata la “Trilogia di Cesare”, un reboot che ha riscritto e modernizzato i punti di forza dei vecchi film. Il tema morale, centrale in ogni opera della saga, con profonde riflessioni sul comportamento del genere umano, viene efficacemente traslato nella società odierna. I costumi, candidati agli Oscar nel 1969, sono stati sostituiti da una CGI eccellente. Scelte coraggiose e registi capaci (Rupert Wyatt per il primo capitolo e Matt Reeves per i successivi), hanno reso Il Pianeta delle Scimmie una delle migliori trilogie moderne.

Con queste premesse e il soddisfacente finale di The War – Il pianeta delle scimmie, l’annuncio nel 2019 di un quarto capitolo, affidato a Wes Ball, ha suscitato reazioni contrastanti: eccitazione per nuove storie e allo stesso tempo perplessità per il timore che la saga avesse già espresso il suo massimo potenziale.

La storia de Il regno del pianeta delle scimmie è ambientata 300 anni (numerose generazioni) dopo la morte di Cesare. La Terra è popolata da clan di scimmie e gli insegnamenti di Cesare sono diventati un culto, ma non in tutti i gruppi. Il protagonista è Noa, una giovane scimmia ingenua che vive in una tribù di scimpanzé allevatori di aquile, ignara del mondo esterno. Ai confini del suo territorio domina il clan di Proximus Caesar, una scimmia che ha distorto gli insegnamenti di Cesare. Il clan di Proximus, alla ricerca di una giovane umana, attacca quello di Noa, riducendo in schiavitù tutti i suoi membri. Noa si unisce a Raka, un orango ex membro del clan di Proximus, e alla ragazza ricercata per salvare i suoi amici.

Il film ha molti punti di forza su cui poggia una solida narrazione. L’ambientazione è fantastica, grazie a un reparto tecnico impeccabile. Vediamo le scimmie passate dall’età della pietra all’età del bronzo in un mondo decadente dove le città sono inghiottite dalla natura. La scelta di posizionare la storia dopo la trilogia di Cesare ma prima della trilogia originale, con la doppia funzione di sequel e prequel, permette alla narrazione di spaziare liberamente e ampliare i propri orizzonti.

I personaggi sono interessanti e ben caratterizzati, anche grazie all’espressività esaltata da una CGI stupefacente, che il regista mette più volte alla prova con scene action incredibili. Il protagonista Noa ha una sua personalità e si distingue dalla figura ingombrante di Cesare. Mae, la giovane umana fuggitiva, è una figura enigmatica e desta molta curiosità per l’impatto che le sue azioni potrebbero avere sul futuro. Il personaggio di Raka, invece, ci ha lasciato una sensazione di déjà-vu, come alcune svolte narrative già affrontate.

Il regno del pianeta delle scimmie ha un preambolo troppo lungo che appesantisce eccessivamente la parte centrale. Nel secondo tempo la storia accelera bruscamente verso un finale più movimentato impreziosito da una scena poetica di rara bellezza. C’è un pizzico di rammarico per non aver visto e provato quel senso di epicità che aveva reso iconica la trilogia di Cesare, in particolare i due capitoli diretti da Reeves. Ma l’obiettivo di riaccendere l’interesse per la saga è stato pienamente raggiunto. Aspettiamo con ansia i prossimi capitoli per il definitivo salto di qualità.

(Il regno del pianeta delle scimmie, di Wes Ball. 2024, fantascienza, USA, 145′)

Autore dell'articolo: moviedigger