Un potentissimo thriller dell’anima che racconta, senza filtri, il presente: quello della Corea del Nord e del Sud.
Lontano dalle tinte forti dell’Isola o di Moebius, Il prigioniero coreano (The Net) vede Kim Ki-duk raccontare – senza filtri – il presente. Un presente che non riesce a liberarsi del passato: quello della Corea del Nord e della Corea del Sud. Un potentissimo thriller dell’anima che la Tucker Film porterà nei cinema italiani il 12 aprile e che trova nell’interpretazione di Ryoo Seung-bum (The Berlin File) tutta la potenza espressiva di cui ha bisogno.
«Fai attenzione: oggi la corrente va verso Sud», lo avvisa una sentinella, ma a fare attenzione, a farne sempre molta, il pescatore Nam Chul-woo ci è abituato. Del resto, non puoi permetterti distrazioni quando abiti in un villaggio della Corea del Nord e ti muovi ogni giorno sulla linea di confine. Confine d’acqua, nel caso di Nam, ed è proprio l’acqua a tradirlo: una delle reti, infatti, si aggroviglia attorno all’elica della sua piccola barca, il motore si blocca e la corrente che «va verso Sud» trascina lentamente il povero Nam in zona nemica…
Riuscirà il prigioniero, dopo pressanti interrogatori, a convincere le forze di sicurezza sudcoreane di non essere una spia? Ma soprattutto: riuscirà Nam, dopo il proprio faticoso rilascio, a convincere il potere nordcoreano della propria integrità? È rimasto ancora quello che era, cioè un bravo cittadino devoto, o l’infezione del capitalismo («Più forte è la luce, più grande è l’ombra») lo ha contaminato per sempre?
«Con Il prigioniero coreano – spiega Kim Ki-duk – ho voluto mostrare un paradosso: guardate come sono simili Nord e Sud. “Là” c’è la dittatura, “qui” la violenza ideologica. E non si tollera che un povero pescatore del Nord, finito per caso fuor d’acqua, voglia semplicemente ritornarsene a casa. Non si può demonizzare un intero popolo. Il Nord non è solo la Dinastia dei Kim: la gente viene prima!».
Buona visione!