Gli appassionati di fantascienza, specialmente quelli che venerano il romanzo di Frank Herbert, hanno aspettato decenni prima che fosse portato sul grande schermo un degno adattamento di Dune. E Denis Villeneuve, uno dei migliori registi in circolazione, è riuscito nell’impresa.
Tutti gli addetti ai lavori riconoscono a questo libro leggendario, scritto nel1965, una certa complessità, al pari di opere come la Trilogia della Fondazione di Isaac Asimov e L’atlante delle nuvole di David Mitchell. Persino registi di talento come Alejandro Jodorowsky (la cui versione non è mai stata realizzata) e David Lynch (che ha rinnegato la sua del 1984) hanno fallito nel tentativo di trasporlo in pellicola. Nonostante tutto, il fascino dell’opera è stata fonte di ispirazione per la fantascienza moderna: vi dice niente Guerre Stellari?
Per riuscire ad approcciarsi a un’opera monumentale di questo livello, Villeneuve ha deciso di dividere il film in due parti (nelle proiezioni internazionali il titolo che appare è Dune: Part One, qui da noi no). È sicuramente una mossa intelligente e astuta ma anche molto rischiosa visto che la realizzazione della “seconda parte” dipende totalmente dal successo del primo film. In poco più di due ore e mezza, Villeneuve ci dà un assaggio della visione Herbertiana dell’impero galattico, delle nobili famiglie, dello spazio e dei pianeti, insomma di tutto ciò che rende Dune un capolavoro senza tempo.
Sebbene ci sia molto da raccontare, Villeneuve – che è anche co-autore insieme a Jon Spaihts ed Eric Roth – si limita volutamente a grattare la superficie addentrandosi di tanto in tanto, con la leggerezza e la naturalezza che lo contraddistinguono, nelle tensioni politiche, sociali, economiche e soprattutto emotive, molto fragili, di quel mondo così complesso e vasto. La storia segue l’ascesa al potere della nobile famiglia Atreides a cui l’Imperatore dona il controllo del pianeta Arrakis togliendolo alla crudele casata Harkonnen. Arrakis, detto anche “Dune”, è la più grande fonte della sostanza più preziosa dell’universo, la “spezia”: una polvere, presente nelle sabbie che coprono il pianeta, che rende possibile il viaggio interstellare; ritenuta sacra dai nativi di Dune, i Fremen, per via degli effetti psichici che ha sugli umani, questa polvere sarà oggetto di discordia e guerra.
Forse è il modo in cui il regista introduce i personaggi e i mondi che esploriamo, oppure sono gli spettatori post Game Of Thrones a essere cambiati, maturati e ormai pronti ad affrontare questo tipo di narrativa (lunga e intricata), ma in questa versione di Dune tutto appare chiaro e semplice, non ci sono mai grandi pause.
Gran parte del suo fascino e carisma è dato dal sorprendente design di produzione, che delinea chiaramente ogni mondo e ogni casata con una precisa identità visiva, nei costumi delle nobili famiglie, nelle armature degli eserciti, nei colori dei pianeti così diversi: da quelli oceanici di Caladan della Casa Atreides a quelli spenti e cupi delle caverne gotiche del pianeta natale degli Harkonnen, passando per quelli lucenti delle terre desertiche e rocciose di Arrakis. Villeneuve è un regista visionario e lascia che parlino le immagini, cosa resa possibile grazie al lavoro del direttore della fotografia Greig Fraser (Rogue One: A Star Wars Story) che mantiene la macchina da presa statica regalandoci inquadrature su panorami mozzafiato. Il film è impressionante anche dal punto di vista sonoro grazie alla colonna sonora di Hans Zimmer fatta di voci umane ululanti, tamburi che fanno vibrare le poltrone del cinema e inspiegabili cornamuse spaziali.
Dune è semplicemente l’inizio di una storia epica ambientata in un mondo vasto e complesso che sembra familiare e allo stesso tempo nuovo (stessa sensazione provata con Il Signore degli Anelli). Al centro di queste storie ci sono personaggi caratterizzati benissimo che fanno breccia nei cuori dello spettatore. E se all’inizio la scelta di Timothée Chalamet come protagonista non ci entusiasmava, dopo averlo visto in scena ci siamo ricreduti, perché ha dato vita a un personaggio sfaccettato, pieno di paure, insicurezze e dolore, ma allo stesso tempo fiero, coraggioso e umile.
Purtroppo non c’è modo di scrollarsi di dosso quella strana sensazione di aver ammirato solo una parte della storia, ma quello che abbiamo visto ci è piaciuto tantissimo. Per ora abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione di quanto Denis Villeneuve si senta a suo agio nel dirigere film di fantascienza, evocando ancora una volta il peso ipnotico di Blade Runner 2049 e le qualità visive di Arrival. Solo il tempo ci dirà se Dune è un capolavoro o soltanto un mezzo film.