Recensione di Elisa Scaringi
Il giorno zero arriva dietro le quinte delle Casa Bianca. Un black out informatico causa la morte di migliaia di persone. La presidente in carica recluta il suo predecessore, George Mullen (Robert De Niro) per indagare sull’accaduto e trovare i responsabili.
Inizia così Zero Day, la serie Netflix che sembra riprendere le fila di House of Cards per riproporci gli intrighi e i complotti che si nascondono dentro le stanze del potere. Non si tratta, però, di un sequel né di una copia per così dire “moderna” di una delle serie cult della piattaforma. Zero day, infatti, trova il suo motivo d’essere nei rischi che popolano, spesso a nostra insaputa, il mondo informatico. Un mondo ormai alla base di ogni attività quotidiana, vitale e non (dai macchinari ospedalieri ai sistemi di controllo dei mezzi di trasporto pubblici). Rischi che non conosciamo, oppure sottovalutiamo, ma che ci rendono profondamente vulnerabili, tanto possono essere pervasivi e impattanti anche sulla salute mentale di ciascuno di noi.
E non è soltanto un problema di dipendenza. L’evoluzione della tecnologia potrebbe arrivare a controllare anche la nostra mente in maniera patologica, come viene descritto molto bene nella serie. C’è, infatti, il problema di chi si trova a guidare le masse, semplicemente come leader indiscusso di una determinata ideologia, e c’è la questione di strumenti informatici che diventano armi, virus, malattie che attaccano anche a distanza, senza alcun bisogno di contagio o contatto fisico. Un mondo apparentemente irreale, quasi illogico e senza senso, ma che potrebbe realizzarsi nel più breve tempo possibile.
Non è un caso il palese riferimento a figure indiscusse del panorama statunitense e alla loro modalità di manipolazione del pensiero delle masse. Attraverso dei semplici messaggi sui social, le parole riescono a penetrare nel tessuto sociale, nel tentativo di guidare anche gli andamenti geo-politici a livello globale. Ne è una chiara espressione il personaggio di Evan Green che col suo sguardo televisivo, e soprattutto con le sue parole, riesce a guidare un gruppo, a diventare il leader di un movimento. Seduto davanti a una telecamera, si erge a portavoce dei malcontenti celati e nascosti di una parte della popolazione americana. Ma ne è una rappresentazione anche il personaggio di Monica Kidder, imprenditrice digitale che usa il denaro per indirizzare il pensiero della massa verso una direzione voluta e male espressa. Un’opinione fondata su bugie e malaffare, ma capace di trovare largo consenso e ammirazione.
Zero day racconta quindi le varie facce della manipolazione politica, ma soprattutto di quella contemporanea e tecnologica. In House of cards a farla da padrone era il malaffare di una politica disposta persino ad uccidere, pur di conquistare consenso e potere. In Zero Day si racconta la vulnerabilità del popolo di fronte a tecnologie capaci di indirizzare le scelte politiche e sociali. Non una questione di nuove armi tecnologiche, quanto di come queste abbiano già preso il sopravvento nella nostra vita quotidiana.