la recensione di Prey

PREY | Recensione del film di Dan Trachtenberg

Dal suo debutto nel 1987, il franchise di Predator ha avuto una storia travagliata, fatta di alti e purtroppo molti bassi. La premessa della saga è molto semplice quanto originale: una razza aliena che vive solo per cacciare arriva sulla Terra in cerca di prede. L’idea ha funzionato particolarmente bene per i primi due film, ma non si può dire lo stesso per i sequel, i reboot e gli spin-off vari. Questi prodotti sfruttavano il buon nome della saga e della creatura aliena per fare soldi e basta, troppo poco per replicare il successo del film con protagonista Arnold Schwarzenegger. Invece in Prey di Dan Trachtenberg (10 Cloverfield Lane) si respira nuovamente quell’aria di freschezza e semplicità in cui la caccia è al centro di tutto.

Ambientato 300 anni fa nella Nazione Comanche, Prey racconta la storia di una giovane donna di nome Naru, guerriera feroce ed estremamente abile. Cresciuta all’ombra di alcuni dei più leggendari cacciatori che si aggirano per le Grandi Pianure, Naru intende proteggere la sua gente quando un pericolo minaccia il suo accampamento. La preda che insegue, e che infine affronta, si rivela essere un predatore alieno altamente evoluto con un arsenale tecnologicamente avanzato: ne nasce una feroce e terrificante resa dei conti tra i due.

Prey non è il solito film fanta/action prodotto per le piattaforme di streaming dove si susseguono scene d’azione a ripetizione senza far capire nulla allo spettatore. Il film si prende tutto il tempo necessario per raggiungere in modo efficace e potente la resa dei conti finale tra Naru e il Predator. Da un lato, vediamo un percorso di crescita lento ma progressivo in cui la protagonista crede sempre più in se stessa, fidandosi del suo istinto anche quando nessuno sembra crederle e darle fiducia (ad eccezione del fratello e del suo amico a quattro zampe). Ma è anche impaziente e impulsiva, e allo stesso tempo determinata e piena di risorse, tutte cose che le torneranno utili durante la caccia, sia quando è preda che cacciatrice. Il suo punto di forza è sfruttare la debolezza dell’avversario che non la crede una minaccia. L’alieno, nel frattempo, si mette costantemente alla prova in questo nuovo mondo. A differenza della ragazza il suo percorso è già tracciato: cacciare ogni forma vivente. Così il predatore non perde tempo e inizia a cacciare piccoli animali, poi orsi e, infine, la preda più appagante, gli umani.

Una delle cose più interessanti di Prey è che, pur essendo un film d’azione puro, si prende tutto il tempo per approfondire i legami e le gerarchie della tribù in cui ci sono ruoli prestabiliti dalla nascita a cui è impossibile sfuggire (ma non per Naru). Il film per più di un’ora riesce a far percepire allo spettatore la minaccia dell’alieno senza però mostrarlo. Ciò non vuol dire che non ci sia azione, ce n’è eccome, ed è anche particolarmente cruenta (lo scontro tra il Predator e un orso è impressionante). Fino a quel momento, la creatura rimane nascosta e in gran parte invisibile, regalando brevi momenti di violenza che fanno salire la tensione. L’impressione è che l’alieno sia un nemico invincibile, troppo potente con i suoi gadget futuristici contro le frecce e le lance degli indigeni, ma nonostante sia un espediente narrativo troppo spesso abusato in questo caso funziona alla grande.

In definitiva, ciò che fa funzionare Prey è la sua semplicità. Non si discosta mai dalla sua idea iniziale, anzi la fomenta aumentando progressivamente la tensione prima della battaglia finale. Prey è un prequel rispettoso degli elementi tradizionali che hanno reso iconica la saga, ma è soprattutto un film di formazione e crescita che racconta la storia intima e familiare di una giovane guerriera. Se proprio dobbiamo trovare un difetto alla pellicola è quello di non averla vista sul grande schermo di un cinema ma solo in streaming su Disney+.

(Prey di Dan Trachtenberg, fantascienza, 2022, 100′)

Autore dell'articolo: moviedigger