IL BUCO | Recensione del film Netflix

Presentato in anteprima mondiale al Toronto Film Festival nel 2019, dove ha vinto il People’s Choice Award, il film spagnolo El Hoyo è ora disponibile in streaming su Netflix. È un caso che sia uscito proprio durante la pandemia da Covid-19? Quello che si vede nella pellicola è una visione cinica e distopica del genere umano mentre affronta una situazione estrema. Vi ricorda per caso qualcosa?

Come accade in molti film di fantascienza di questo tipo – da Il pianeta delle scimmie, a Fuga da New YorkIl Buco (il titolo italiano del film) porta alle estreme conseguenze la realtà della vita moderna dipingendo un quadro disturbante (a causa delle persone) e nauseabondo (a causa del cibo).

Non c’è un momento temporale preciso, non è importante. Quello che importa è il luogo in cui ci troviamo, la fossa: una prigione costruita come una torre formata da centinaia di livelli. In che cosa consiste la fossa? È ovvio, mangiare. Ogni livello è occupato da due persone, con al centro uno spazio attraverso il quale ogni giorno passa una tavola imbandita di cibo che scende lentamente, dando agli abitanti di ogni piano alcuni minuti per afferrare ciò che possono. Più la piattaforma scende, meno cibo ci sarà. La cosa interessante che innescherà poi gli eventi della storia è che la coppia di detenuti inizia ogni mese in un nuovo livello scelto casualmente: potrebbe essere uno dei livelli più alti, in cui il cibo è abbondante, o in quelli più bassi, in cui ci sono pochissimi avanzi.

È evidente come questa pellicola sia stata fortemente influenzata da film come The Cube del 1997, con i suoi protagonisti intrappolati in una stanza, oppure il più recente Snowpiercer del regista Bong Joon-ho, premio Oscar per Parasite, che racconta le divisioni sociali su di un treno.

Per fortuna, il film ha uno stile e una personalità propria ben definita, sorretto da un’ottima scrittura che caratterizza tutti i personaggi che incontriamo. La storia si concentra su un uomo di nome Goreng, che a differenza della maggior parte degli altri detenuti criminali si è volontariamente sottoposto alla fossa portando con sé un libro (Don Chisciotte della Mancia). Infatti vediamo Goreng parlare con una donna per superare la selezione: l’accordo è di rimanere rinchiuso per sei mesi, e ottenere in cambio un attestato di permanenza. È una mossa intelligente quella degli scrittori David Desola e Pedro Rivero e del regista Galder Gaztelu-Urrutia, perché mentre gli altri personaggi che Goreng incontra sono divertenti, spaventosi, strani e tristi, nessuno di loro è – non sorprende – comprensivo, gentile e altruista.

Più a lungo Goreng rimane nella fossa – a volte vicino alla cima, altre volte più in basso – più si rende conto che tutti possono sopravvivere. “Mangia la tua parte e prepara due porzioni per il livello successivo”, è questa la soluzione solidale che trova (“ma che sei un comunista?”): se ognuno prende solo il minimo indispensabile per se stesso, ce ne sarà abbastanza per gli altri. Ma quando le persone sono disperate e vedono la propria vita in pericolo si comportano irrazionalmente ed egoisticamente. Allora Goreng inizia a escogitare un piano per far saltare tutto il sistema.

La prima parte del film si concentra sul rapporto tra Goreng e Trimagasi, un uomo anziano che usa in continuazione la parola “ovvio” e che ha come migliore amico un coltello ben affilato. Sin dall’inizio il film adotta un tono umoristico, e gran parte dei dialoghi tra Goreng e Trimagasi sono coinvolgenti e danno informazioni utili per capire alcuni meccanismi. Fino a quando gli eventi non prendono una china molto più cupa e terrificante.

Alla fine, l’obiettivo di tutti è sopravvivere a qualsiasi costo, per cui quando inizia a entrare la fame, i comportamenti disumani diventano la regola. Il Buco è sia un film horror puro, con scene splatter piene di sangue, che un thriller fantascientifico, o ancora una commedia nera, con momenti profondamente inquietanti e disturbanti, quasi quanto il social thriller Noi di Jordan Peele.

La brillante fotografia di Azegiñe Urigoitia e la regia di Gaztelu-Urrutia creano un ambiente claustrofobico credibile. Gli spettatori che si aspettano di conoscere il mondo al di fuori del buco rimarranno delusi: questo non è Westworld. L’attenzione è rivolta esclusivamente alle persone che devono sopravvivere in questa situazione surreale e nel modo in cui la natura umana reagisce alle circostanze più estreme: come l’uomo si trasforma in mostro.

Il film non è mai noioso o scontato, nemmeno nei momenti di calma apparente. Il ritmo, segnato da una colonna sonora da favola per bambini, si adatta perfettamente alle circostanze: lento e riflessivo nella prima parte, incalzante e serrato nella seconda. In soli 90 minuti Gaztelu-Urrutia conclude un viaggio dantesco moderno dove ancora una volta troviamo al centro l’uomo.

Il periodo che stiamo vivendo oggi suggerirebbe di non guardare un film come questo, ma se deciderete di avventurarvi nella fossa, sarà un viaggio che non dimenticherete facilmente, ovvio.

(Il buco, di Galder Gaztelu-Urrutia, Spagna 2019, thriller, 94′)

Autore dell'articolo: moviedigger

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