BABYGIRL | Recensione del film di Halina Reijn con Nicole Kidman e Harris Dickinson

Classificazione: 3 su 5.

Romy è una potente donna d’affari che sembra avere tutto dalla vita: un marito amorevole, una carriera di successo e due figlie che la ammirano. Ma dietro questa facciata di perfezione, si nasconde un demone interiore desideroso di perversione.

Babygirl, diretto dalla regista olandese Halina Reijn (già nota per Bodies Bodies Bodies), reinventa il thriller erotico della Hollywood degli anni ’80-’90 (si pensi a Basic Instinct), attualizzandolo con temi come il femminismo, la parità di genere e le molestie sul lavoro. Oltre a questi temi sociali trattati solo superficialmente, il film approfondisce aspetti più intimi, esplorando il potere, la sottomissione, il desiderio, la vulnerabilità e la vergogna.

Romy, apparentemente una donna forte e indipendente, si ritrova attratta da Samuel, un giovane stagista che rappresenta l’antitesi della sua esperienza giovanile: libero, ribelle e disinvolto nello sfidare le convenzioni. Questa attrazione innesca una relazione complicata, mettendo in discussione le certezze di Romy, le sue convinzioni più profonde e liberando la sua bestia interiore.

La relazione tra Romy e Samuel è un gioco pericoloso, un precario equilibrio tra dominio e sottomissione. Ma in realtà i due amanti non sono sullo stesso piano. È lei a mettere a rischio tutto: la sua carriera, la sua famiglia, solo per abbandonarsi all’istinto primordiale. Ed è quello che vuole Romy: cerca nel giovane un modo per liberarsi dalle aspettative sociali e riscoprire la propria femminilità, tramutando le fantasie che finora aveva represso in realtà. Samuel intuisce la frustrazione del sua capo e detta le regole del gioco. È lui ad avere il potere, mantenendosi emotivamente distaccato.

La Kidman ha seguito le orme di Demi Moore in The Substance, donandosi anima e corpo al ruolo. Interpretando una donna tormentata da desideri contrastanti, offre una performance straordinaria che potrebbe valerle un’altra nomination agli Oscar. Harris Dickinson, nel ruolo del giovane seduttore, è completamente a suo agio nel penetrare nelle difese di Romy e nel soddisfare i suoi desideri più reconditi. A farne le spese è il marito, interpretato da Antonio Banderas, un uomo amorevole ma tradizionale che non riesce a comprendere appieno sua moglie e soprattutto a soddisfarla sessualmente.

Il film procede con un ritmo piuttosto uniforme verso un finale prevedibile. La parte centrale risulta eccessivamente dilatata, con sequenze ripetitive che mancano di spunti interessanti. La regista olandese non si spinge oltre i limiti, neanche nelle scene più piccanti. In definitiva, Babygirl si rivela meno provocatorio di quanto si potesse aspettare, andando oltre la semplice stimolazione sensoriale. L’opera riflette sulle dinamiche di potere all’interno di una coppia e sulle conseguenze che ne derivano per entrambi i partner, evitando giudizi morali. Tuttavia, è evidente una prospettiva femminista che permea l’intera narrazione.

(Babygirl, di Halina Reijn. 2024, USA, erotico, 114′)