28 anni dopo

28 ANNI DOPO | La recensione del film di Danny Boyle scritto da Alex Garland

Nel 2002, il mondo del cinema veniva sconvolto da 28 giorni dopo (28 Days Later), un film horror che non solo ebbe un impatto significativo sulla rinascita del genere zombie, ma che si affermò rapidamente come un vero e proprio cult. Diretto dal visionario Danny Boyle e scritto da Alex Garland, il film, girato con tecniche digitali a basso costo, riuscì a creare un’atmosfera cruda e realistica, contribuendo a lanciare la carriera di Cillian Murphy.

Ma la vera rivoluzione introdotta da 28 giorni dopo furono i nuovi zombie, o meglio, gli infetti. A differenza dei classici non morti di Romero, estremamente lenti, gli esseri umani contagiati dal virus della rabbia correvano, scattavano e attaccavano con una violenza improvvisa e animalesca. Questa rappresentazione ha cambiato per sempre il modo in cui gli “zombie” venivano raffigurati sul grande schermo, influenzando per sempre il cinema di genere e le pellicole successive come World War Z.

Cinque anni dopo, nel 2007, arrivò nelle sale il sequel 28 Settimane Dopo. Con lo sconosciuto Juan Carlos Fresnadillo (Damsel) alla regia e una nuova squadra creativa, il progetto mantenne Boyle e Garland come produttori esecutivi, garantendo una supervisione costante. Nonostante un approccio più vicino all’action rispetto all’originale, il film conquistò sia la critica che il botteghino, aprendo la strada a un possibile terzo capitolo.

Il sodalizio creativo tra Boyle e Garland iniziò purtroppo a mostrare delle crepe già nel 2007, durante la produzione del film Sunshine. Le divergenze artistiche portarono a una separazione professionale durata diversi anni. Nonostante ciò, ci furono sporadici riavvicinamenti, come testimonia la collaborazione per Ex Machina (2014), in cui Boyle ricoprì il ruolo di produttore esecutivo per l’esordio alla regia di Garland.

Ora, spinti dall’incessante pressione mediatica dei fan più accaniti, dall’imminente anniversario del primo film e, soprattutto, da una sceneggiatura avvincente, i due amici sono finalmente tornati al lavoro per il nuovo capitolo della saga, 28 Anni Dopo (28 Years Later).

Ventotto anni dopo lo scoppio dell’epidemia che ha devastato la Gran Bretagna, l’Europa continentale ha respinto il virus, mettendo in quarantena l’isola. Intanto, sulla minuscola isola di Lindisfarne – collegata alla terraferma solo da un lembo di terra accessibile con la bassa marea – una piccola comunità di sopravvissuti cerca di vivere una vita “quasi” normale. Tra loro c’è la famiglia di Jamie (Aaron Taylor-Johnson), sua moglie Isla (Jodie Comer) e il loro figlio dodicenne Spike (Alfie Williams). Quando Jamie decide di portare Spike sulla terraferma per un rito d’iniziazione della comunità, il ragazzo scoprirà un mondo nuovo e profondamente mutato a causa del virus.

28 Anni Dopo non è solo un sequel ambientato nello stesso universo narrativo del film originale, ma segna anche l’inizio di una nuova trilogia (la seconda pellicola è stata già girata). Con la sapiente regia di Boyle e l’ottima sceneggiatura di Garland, la pellicola si configura come una storia di formazione (profondamente umana), dove il percorso del protagonista si intreccia strettamente con lo sviluppo narrativo del film stesso (forse all’inizio si fatica a capire dove vuole andare a parare). Nel tipico stile di Boyle, l’azione frenetica ad alta tensione si fonde con l’esplorazione profonda di tematiche complesse: politiche, sociali e religiose, analizzate fino all’estremo grazie alle potenzialità offerte da una scrittura mai superficiale, sempre pronta a mettere al primo posto i rapporti umani.

Come già accaduto con 28 giorni dopo, la tecnica di ripresa si distingue per originalità e innovazione: in molte scene sono stati utilizzati droni e iPhone, una scelta coraggiosa che ha messo a dura prova la troupe, ma che ha portato a scene altamente spettacolari, a tratti caotiche, ma sempre di grande impatto visivo.

Il dramma familiare a cui assistiamo è emotivamente coinvolgente, anche se il ritmo narrativo non è sempre lineare (soprattutto nella seconda parte) e, in alcuni momenti, può disorientare lo spettatore. Il mondo costruito dalla mente geniale di Garland è complesso, stratificato e lascia tantissimo materiale per i prossimi capitoli.

Questi due simpaticoni ci hanno fatto aspettare a lungo, ma ne è valsa sicuramente la pena!

(28 anni dopo, di Danny Boyle. 2025, horror, USA, 115′)